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60° Ascomva

Discorso del 23/10/05 presso Uniascom Varese per il 60° Confcommercio

Devo dire che sono veramente lusingato di chiudere i festeggiamenti per il 60° dell’unione commercianti di Varese.
Desidero far presente che quella che ricevo non è un eredità, anche perché il presupposto di ogni eredità è che ci sia un morto e tutto si può dire dell’Uniascom tranne che sia un morto; anzi! Accanto a me Sergio Bellani
Questa Unione volontaria di commercianti, è nata in un Italia uscita sconfitta da una lunga e dolorosa guerra, un Italia dove la forza di volontà è riuscita a superare le barriere ideologiche, la distruzione; dove gli uomini e le donne si sono rimboccati le maniche e si sono dati da fare per sconfiggere la rabbia ed il dolore, le perdite ed i lutti.
Valori forti, alla base, valori che sono stati il collante di una generazione di imprenditori coraggiosi ed audaci, che hanno fatto di necessità virtù, e che non si sono abbandonati ad inutili e sterili piagnistei.
Così è cominciata la ricostruzione, poi è venuto il boom economico, e poi l’austerity, poi ancora gli anni di piombo, poi il benessere, la civiltà dei consumi e quindi quella ipertecnologica del silicio.
60 anni di cambiamenti radicali, di forti mutamenti della società civile, di innovazione, hanno visto il passaggio dal negozio di vicinato al punto vendita specializzato in difficile convivenza con la Grande Distribuzione Organizzata; la società si è evoluta, ha modificato i propri bisogni, le abitudini di acquisto, con momenti anche di forte crisi congiunturale, come quello attuale.
E l’Unione sempre lì, in crescita costante, un denominatore comune, un punto di riferimento per un mondo imprenditoriale, che sempre ha saputo cogliere i momenti di criticità, per offrire qualcosa di nuovo alla clientela, anche perché la cura del cliente è intrinseca al buon commerciante, come al padre la cura dei figli.
Cosa ne sarebbe stato dell’Italia, se vi fosse stata miopia in questa categoria di imprenditori? Ora si parla di commercio etico, ma la stragrande maggioranza dei vecchi commercianti, era etica senza sapere di esserlo, faceva marketing senza sapere di farlo, faceva affari con fiuto imprenditoriale, senza sapere che quel fiuto ora viene insegnato nelle università come qualcosa di asettico ed infarcito di anglofonismi.
I commercianti che hanno fatto rinascere il paese, hanno fatto commercio con il cuore, con passione, con amore per la loro professione, con un occhio al portafogli perché “i danee fann danee e i piocc fann piocc”, e con un occhio alle famiglie, perché non c’erano le finanziarie e bisognava tirare a campare sempre e comunque e una mano non la si è mai negata a nessuno.
Si parla spesso oggi, di funzione sociale del commercio… e questa come la vogliamo chiamare??
Come vogliamo chiamare i commercianti che lavoravano nelle piccole comunità di poche anime, Eroi ? O Pazzi piuttosto!
Le feroci leggi del marketing sarebbero per la seconda ipotesi ma io credo di no!
La verità è che il commercio è stato il vero motore di crescita del paese, ma questo per pigrizia e comodità nessuno lo ha mai voluto riconoscere. Sul palco della Sala Monti
Industriali come Giovanni Borghi hanno fatto la fortuna della nostra provincia, sapendo cogliere i fabbisogni degli italiani, dando loro le comodità, i primi comfort; ma per un Borghi, quanti altri imprenditori, hanno dato da mangiare, da vestirsi, da lavorare alla nostra gente senza fare notizia, senza pubblicità, senza gossip.
Quante “sciure Maria” dietro i banconi, nel silenzio di un lavoro onesto ed instancabile, quante ore, passate nelle botteghe togliendo tempo alla famiglia ed alla casa.
E quanti riconoscimenti?……mai!
Piuttosto le critiche perché “han fai i danee!” senza guardare ai sacrifici, alle ore di lavoro o al freddo che temprava e tempra tutt’ora gli ambulanti.
Quanto lavoro.. e quanto silenzio.
Il commercio ora è roboante, è assordante, con una inquietante tendenza alla walmartizzazione, ti vendo oggi e pagherai poi, mordo e fuggo, ma quanti dei presenti ci si riconoscono?
A noi piace la vendita al banco, coccolare il cliente, scambiare due parole, piace quel contatto umano che è il vero valore aggiunto del commercio tradizionale; in fin dei conti siamo italiani, anche se ci sono le comodità di internet che sono assolutamente vincenti sul piano dei servizi, le merci ci piace vederle, toccarle, sentirle nostre prima ancora di comperarle.
E allora sfruttiamo queste potenzialità, perché prima che di merci siamo venditori di noi stessi; siamo ottimisti, sorridiamo al cliente, cerchiamo di essere attenti ai suoi bisogni e di esser uniti come categoria.
L’unione è cresciuta tanto negli anni, vogliamo vederla continuare a crescere ancora di più.
La sfida del futuro si gioca sulla comunicazione e sulla formazione, investiamo risorse e cerchiamo di essere lungimiranti così come lo furono i nostri fondatori.
Guardiamo lontano, cercando di non perdere mai di vista l’orizzonte, così che le conquiste di 60 anni, non vadano perdute con un colpo di vento.
Abbiamo avuto qui, una classe dirigente che non si è risparmiata, i cui risultati sono qui sotto gli occhi di tutti, e i giovani imprenditori hanno raccolto il guanto di sfida.
Da buono sportivo, mi vedo come l’atleta della staffetta, che comincia a fare riscaldamento e a correre in attesa del cambio, ed è lì si che si vede la differenza fra chi è allenato e chi no.
Per questo al mio gruppo sto facendo fare allenamento, un allenamento che permetta di fare uno stacco bruciante per fare mangiare tanta polvere ai competitori.
Perché noi giovani ci sentiamo responsabili, ci piace correre e ci piace vincere, non possiamo e non vogliamo, essere ricordati come coloro che hanno bruciato i sacrifici di oltre mezzo secolo.
A chi ci ha preceduto rendiamo un grazie sincero, il grazie di una generazione che non deve scontare ipoteche dei padri, magari fosse stata amministrata così la nostra nazione!
Anche noi giovani abbiamo tanto da dare, dateci fiducia ed indirizzate quel sacro fuoco che brucia in noi, per un futuro migliore e per un business etico e responsabile.
Non ve ne pentirete.
Auguri Uniascom, auguri Confcommercio
100 di questi giorni