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Quale futuro per il commercio tradizionale?

Quale futuro per il commercio tradizionale?

Di Marco D. Introini

L’attuale crisi dei consumi spinge a domandarci quale potrebbero essere le possibili dinamiche evolutive del commercio tradizionale.

L’adozione dell’Euro ha modificato sostanzialmente il rapporto del consumatore nei confronti della catena distributiva, sia per ciò che riguarda il commercio tradizionale, che la Grande Distribuzione Organizzata.

I recenti sondaggi di Confcommercio e Censis dimostrano come ci sia contraddizione fra le aspettative dei clienti in termini di marketing; il “Cliente tipo” desidera un alto livello di servizio, associato alla vendita di merci di varia natura ed entità, ma quando gli viene chiesto qual è la leva che fa scattare un cambio di abitudini di acquisto, risponde univocamente “il prezzo”.

Domandiamoci allora perché continuare ad innovare prodotti e servizi, dotare i nostri negozi di tutti i confort possibili, in termini di vendita visiva (allestimento e vetrine), in termini di accessibilità (ubicazioni comode e funzionali, ampliamento degli orari, vendite telefoniche e/o Internet), in termini di assistenza “soft” (personale specializzato e cortese); quando poi il colpo di spugna arriva al confronto del prezzo?

Ma forse i prezzi praticati dai dettaglianti sono peggiori di quelli praticati dalla grande distribuzione? E’ proprio sempre vero e veritiero questo luogo comune?

Intanto vediamo che le grandi catene distributive europee stanno facendo grandi sforzi in termini economici e logistici, per arrivare a cercare di superare la massa critica di 25 milioni di euro di fatturato, per mantenere la loro competitività sul mercato, per negoziare con maggiore forza nei confronti dei fornitori e per difendersi dalle grandi catene internazionali, che si stanno pericolosamente avvicinando nei nostri scenari.

Non dimentichiamoci che la più grande azienda del mondo con oltre 1 milione e mezzo di occupati, e con un fatturato 8 volte più grande di Microsoft, è un azienda della Grande Distribuzione, che ha inciso per ben il 4% della crescita economica americana dal ’95 al ’99.

D’altronde oltre oceano, la guerra per il possesso del mercato ha già fatto illustri vittime; è difficile avere un competitore che nel suo credo vanta questa frase “Tutto ciò che ha un prezzo può essere venduto meno caro, bisogna acquistare al prezzo più basso possibile per rivendere al prezzo più basso possibile”, ovvero che ha la presunzione di ritenere che la propria azienda “elimina i rischi finanziari collettivi” e che “ i nostri prezzi bassi creano lavoro, diamo un notevole contributo alla vita della collettività”.

Quanto siamo lontani dal sentire queste frasi circolare in casa nostra? Negli ultimi tempi stiamo assistendo ad una rinnovata vitalità della grande distribuzione su un mercato, che è oramai oltremodo saturo di offerta.Continuano i tentativi anche nel nostro campo, anche a rischio di perdite, di inserire l’articolo floreale nell’assortimento; la catena Iper pubblicizza con grande vanto di aver acquistato per i propri magazzini,nello scorso anno ben 200.000 mazzi di fiori (non dice però quanti ne ha venduti…).

Cosa dobbiamo concludere, che siamo forse un mercato appetibile, ma “difficile” (in quanto noi commercianti abbiamo abituato troppo bene la clientela), o piuttosto siamo un mercato target, dove l’importante è “esserci” a qualunque costo?

Certo è che il Fiorista deve cambiare la propria mentalità, è rimasto chiuso per troppo tempo a riccio sulle proprie posizioni senza aprirsi veramente al confronto con le altre categorie.

È arrivato il momento di “distrarsi” dagli aspetti eminentemente tecnici della professione, per concentrarsi invece sugli aspetti prevalentemente di marketing, che invece sono oltremodo curati dalla concorrenza, in primo luogo dalla grande distribuzione.

Bisogna fare un analisi sincera e veritiera delle proprie potenzialità, e di come queste sono adoperate a proprio vantaggio nel “fare affari”.

Un generale cinese del 3° secolo avanti Cristo scriveva, “conosci il tuo nemico come conosci te stesso”, ma veramente il fiorista del terzo millennio conosce bene i propri competitori, e conosce altrettanto bene la propria azienda?


06/09/2005 Inviato a Il Fiorista (Federfiori) e NON pubblicato