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Incontro con Sergio Escobar

Incontro con Sergio Escobar

Di Marco Introini


Sappiamo da sempre che l’Italia è la culla della cultura in senso lato, che gli italiani sono visti come ambasciatori della cultura nel mondo, nei campi della musica, delle arti, sappiamo che i nostri autori sono universalmente conosciuti,così come i nostri artisti, ma ci sono delle persone che lavorano lontane dalle scene e dai riflettori che sono degli autentici messaggeri di cultura; uno di questi è Sergio Escobar, direttore del Piccolo Teatro di Milano.

L’abbiamo incontrato a Milano, io e Fabio Gallazzi, agli “Aperitivi del Commercio Estero” organizzati dall’Aice, un ciclo di incontri con personalità di altissimo spessore del mondo dell’economia, della cultura e della politica, con lo scopo di confrontarsi , elaborare idee e dare messaggi forti agli imprenditori.

L’abbiamo incontrato a Milano, io e Fabio Gallazzi, agli “Aperitivi del Commercio Estero” organizzati dall’Aice, un ciclo di incontri con personalità di altissimo spessore del mondo dell’economia, della cultura e della politica, con lo scopo di confrontarsi , elaborare idee e dare messaggi forti agli imprenditori.

Italiani esportatori di cultura e non solo di merci; interessante la definizione di Cultura data da Escobar, ripresa da un pensiero del compositore Pierre Boulez “la Cultura è l’attività umana che rende altamente inevitabile l’improbabile” e questo la dice lunga sulla filosofia che muove questo straordinario individuo.

“Mettersi sotto la bandiera sbagliata”, questo è il modo per capire l’evoluzione del nostro mondo globalizzato dove “l’identità di un popolo non è una fotografia ma un racconto”, dinamismo, curiosità, continua ricerca, anche alla luce del fatto che le ultime grandi scoperte della scienza non avvengono più da tempo al centro delle discipline ma all’intersezione di esse.

Ecco perché cultura ed economia vanno a braccetto, ed ecco perché in sala vi era presente il Console Cinese, con cui vi è stata e vi è tuttora una continua collaborazione nella realizzazione di eventi, di partnership culturale e formazione degli addetti del settore.

Il Piccolo Teatro sin dalla sua fondazione nel 1947, ha visto l’internazionalizzazione come una necessità per la propria esistenza, con l’idea di portare il Teatro dell’Arte a tutti; pensiamo che nel ’57 dopo soli dieci anni dalla fondazione, i propri allestimenti erano stati proposti in ben 52 paesi.

E poi il Mediterraneo, uno straordinario simbolo di convivenza, il Teatro come strumento di comprensione della realtà che ci circonda, ed il Piccolo Teatro in prima linea nell’esplorare nuove possibili “rotte della Conoscenza”.

Il “Festival del Mediterraneo promosso dal “Piccolo” è stato un ottima occasione per conoscere qualcosa che si conosce poco: ossia di quanto e di quanti modelli siano ricchi i paesi mediterranei” (L.Ronconi) ; il Mediterraneo deve essere per definizione il luogo dove si viaggia sulle scie, come dice Machado, che non sono ancora state tracciate.

Una strategia vincente questa, un esportazione di idee anziché di prodotti, giovani universitari che organizzano il pubblico locale , attività formative e didattiche, workshop e masterclass sul territorio, protocolli bilaterali con le istituzioni governative e culturali in particolare con Egitto Algeria e Siria.

Ma anche allestimenti portati in Italia nelle lingue madri, in ben 16 lingue diverse con sovratitoli, con gran riscontro di pubblico e sistematico sold out.

Brillante oratore Escobar, snocciola dati, fornisce aneddoti, citazioni, esperienze, con classe e disinvolta eleganza; provo a stuzzicarlo con una domanda un po’ impertinente circa il parallelismo con David Lissner, il Teatro alla Scala e la ridda di polemiche che portarono all’abbandono del podio di Riccardo Muti; l’effetto è dirompente come quello di un cerino acceso lanciato nella benzina , e non potrebbe essere altrimenti visto le tesi e le motivazioni che lo muovono.

Così conosciamo l’Escobar tagliente e un po’ sanguigno ma sempre critico ed aperto alle novità ed agli uomini “del mondo” come Daniel Baremboim, promotore di un teatro libero da condizionamenti socio culturali ed aperto alle novità, quali ad esempio la messa in scena di Arlecchino con Ferruccio Soleri nientemeno che alla Scala, lo storico tempio della lirica.

Che dire di un uomo così: un Grande.

Milano 30/11/06