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Pietro

12 ottobre 2009

Oggi è una settimana che Pietro non è più con noi, voglio ricordarlo con le parole che Sarah ha preso dal diario di bordo di una delle sue traversate atlantiche.

Beh! Osservare l'alba, il sole rosso che sorge lentamente tra le nuvole scure e rotte all'orizzonte è sempre un bello spettacolo.
Seduti sull'ingresso della coperta, riparati dalla capotina, con una tazza di caffèlatte calda in mano, il walkman che riversa nelle orecchie musica soft ed il cervello che elabora pensieri su pensieri...
Pensieri sulla barca che rolla, sul vento che dovrebbe ruotare da sud-ovest, sulle miglia che mancano, sul futuro arrivo in un porto, sul ritorno, sul rivedere le persone che ci mancano, su tutto quello che ci sarà da fare....
Tutto questo adesso sembra essere così lontano dalla nostra piccola realtà di “naviganti temporanei”, avulsi dal mondo reale, legati parzialmente tramite brevi e programmati contatti radio alle esistenze di altri naviganti come noi, con le nostre stesse esigenze.

Il resto del nostro mondo è dato dall'oceano, dall'immensità dell'orizzonte visivo (ben 7 miglia ci ha detto il radar quando abbiamo avvistato le luci di una rara nave all'orizzonte, ne abbiamo avvistate solo 3 in quindici giorni di navigazione!!!)
… il resto del nostro mondo è dato dal moto ampio ed imponente delle onde che alzano la barca, la cullano, la rollano, la sospingono sopravanzandola con un profondo sospiro, per affidarla all'onda successiva, anche lei alta ed imponente.

Diverso è quando il vento cambia, rinforza ed inizia a fischiare tra le sartie e le drizze. Le onde, prima calme si muovono, si agitano, si incrociano diventano via via più aggressive. Perdono la loro dolcezza, divengono dure, frangono sulla barca, sul nostro guscio che vibra sotto i loro colpi mentre cerca di avanzare, inclinandosi e rialzandosi, spinto dalle vele fustigate dalla furia del vento.

Quando il vento cala, le onde non più istigate e spinte ritornano in breve al loro moto tranquillo di sempre, in attesa della prossima buriana – e così anche noi.

La mia ultima foto con Pietro, siamo davanti a S. Caterina del Sasso e stiamo issando la vela sul catamarano di Tommy

Questa Lettera di Congedo di Gabriel Garcìa Màrquez esprime al meglio ciò che sento . . .

Se per un istante Dio si dimenticasse che sono una marionetta di stoffa e mi facesse dono di un pezzo di vita, probabilmente non direi tutto ciò che penso, ma penserei a tutto ciò che dico.
Valuterei le cose, non per il loro valore, ma per ciò che significano.
Dormirei poco, sognerei di più, essendo cosciente che per ogni minuto che teniamo gli occhi chiusi, perdiamo sessanta secondi di luce.
Andrei avanti quando gli altri si ritirano, mi sveglierei quando gli altri dormono.
Ascolterei quando gli altri parlano e con quanto piacere gusterei un buon gelato al cioccolato.
Se Dio mi desse un pezzo di vita, mi vestirei in modo semplice, e prima di tutto butterei me stesso in fronte al sole, mettendo a nudo non solo il mio corpo, ma anche la mia anima.
Dio mio se avessi un cuore, scriverei il mio odio sul ghiaccio e aspetterei l’arrivo del sole. Sulle stelle dipingerei una poesia di Benedetti con un sogno di Van Gogh e una canzone di Serrat sarebbe la serenata che offrirei alla luna.
Annaffierei le rose con le mie lacrime per sentire il dolore delle loro spine e il rosso bacio dei loro petali.
Dio mio se avessi un pezzo di vita, non lascerei passare un solo giorno senza dire alle persone che amo, che le amo. Direi ad ogni uomo e ad ogni donna che sono i miei prediletti e vivrei innamorato dell’amore.
Mostrerei agli uomini quanto sbagliano quando pensano di smettere di innamorarsi man mano che invecchiano, non sapendo che invecchiano quando smettono di innamorarsi!
A un bambino darei le ali, ma lascerei che imparasse a volare da solo.
Ai vecchi insegnerei che la morte non arriva con la vecchiaia, ma con la dimenticanza.
Ho imparato così tanto da voi, Uomini... Ho imparato che ognuno vuole vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata.
Ho imparato che quando un neonato stringe per la prima volta il dito del padre nel suo piccolo pugno, l’ha catturato per sempre.
Ho imparato che un uomo ha il diritto di guardare dall’alto in basso un altro uomo solo per aiutarlo a rimettersi in piedi.
Da voi ho imparato così tante cose, ma in verità non saranno granchè utili, perchè quando mi metteranno in questa valigia, starò purtroppo per morire.
Dì sempre ciò che senti e fa’ ciò che pensi.
Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti guardo mentre ti addormenti, ti abbraccerei fortemente e pregherei il Signore per poter essere il guardiano della tua anima.

Se sapessi che oggi è l’ultima volta che ti vedo uscire dalla porta, ti abbraccerei, ti darei un bacio e ti chiamerei di nuovo per dartene altri.
Se sapessi che oggi è l’ultima volta che sento la tua voce, registrerei ogni tua parola per poterle ascoltare una e più volte ancora.
Se sapessi che questi sono gli ultimi minuti che ti vedo, direi “ti amo” e non darei scioccamente per scontato che già lo sai.

Sempre c’è un domani e la vita ci dà un’altra possibilità per fare le cose bene, ma se mi sbagliassi e oggi fosse tutto ciò che ci rimane, mi piacerebbe dirti quanto ti amo, che mai ti dimenticherò.

Il domani non è assicurato per nessuno, giovane o vecchio. Oggi può essere l’ultima volta che vedi chi ami. Perciò non aspettare oltre, fallo oggi, perchè se il domani non arrivasse, sicuramente compiangeresti il giorno che non hai avuto tempo per un sorriso, un abbraccio, un bacio e che eri troppo occupato per regalare un ultimo desiderio.
Tieni chi ami vicino a te, digli quanto bisogno hai di loro, amali e trattali bene, trova il tempo per dirgli “mi spiace”, “perdonami”, “per favore”, “grazie” e tutte le parole d’amore che conosci.
Nessuno ti ricorderà per i tuoi pensieri segreti. Chiedi al Signore la forza e la saggezza per esprimerli. Dimostra ai tuoi amici e ai tuoi cari quanto sono importanti.