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adamello

P1010015L'Adamello rappresenta per me un legame affettivo con la mia adolescenza, quando a 14 anni partivo armato di scarponi, zaino e buona volontà a farmi delle lunghe scarpinate verso il Rifugio Prudenzini. Lì è cominciato il mio approccio alla montagna, in periodo estivo, durante il campeggio della nutrita tribù guidata da mio zio. Era quella, l'allegra brigata dell'oratorio di Villa Cortese, popolata di gente semplice e simpatica, mai sopra le righe, con una innata e spiccata passione per il divertimento e lo stare insieme. Ci bastava veramente poco, due fette di salame in un panino, una borraccia con un pò di thè, una chitarra naturalmente suonata dal "Ciolle", e la felicità ti pioveva addosso come in un temporale estivo. Stasera mettevo mano alle foto sparse nel mio PC e l'imbattermi nelle foto dell'Adamello, mi ha provocato un tuffo al cuore, un salto indietro nel tempo con il time elevator e mi sono ritrovato nei primi anni '80, in una generazione che sembra lontana anni luce da quella odierna.

No computer, no cellulari, no tecnologia, non avevo neppure il walkman. Se dovessi pensare a cosa avevo nei miei armadi. . . beh, veramente pochino, non esistevano nemmeno i cd (che per un drogato di musica quale sono, fa la differenza). In montagna si andava con l'orologio, la cartina piegata riposta nella tasca, un coltellino con cui sagomarsi un improvvisato bastone da passeggio e lo zaino in spalla, con i panini, le scatolette, l'immancabile stecca di Billy ed il k-way, nel caso il tempo volgesse al brutto. .

L'ultima volta che sono salito al Prudenzini nel 2005, ho anche rischiato la pelle e me la son vista veramente brutta; eppure avevo il cellulare (che non prendeva) le radio Cb, uno zaino con tutto ciò che può servire per trascorrere tre giorni da solo in montagna, con tenda, sacco a pelo, cibi cartine e di tutto di più. Ma me la son vista brutta lo stesso! Mancavano i miei compagni di quelle avventure però, che con la loro voce mi avrebbero detto "attento che il tempo gira!", perché l'Adamello è sempre un po' traditore, già altre volte il meteo era stato inclemente, suadendomi con il sole al mattino e sferzandomi con la pioggia a dirotto il pomeriggio, stavolta però alla vigilia di ferragosto essere sorpreso dalla bufera di neve in quota, mi ha preso in effetti in contropiede.

Questo è il bello, la tecnologia davanti alla montagna, può ben poco, ti trovi solo, la tua decisione o insicurezza è quella che può fare la differenza, fra una giornata di svago ed una di paura. La montagna da un po' di anni la vivo meno d'estate e più d'inverno, mi emoziona  tanto sciare, "m'illumino d'immenso", non davanti a cielo e mare come Ungaretti, ma sulle cime alpine. Mi pare di tornare quattordicenne quando salii ai piedi del corno Miller in una giornata di agosto, e vidi il panorama delle cime dell'Adamello che sbucavano da un tappeto di nubi: che grande emozione che fu, dopo quasi trent'anni è ancora viva e suadente e mi riempie il cuore come allora.

Forse è proprio questo che mi piace della montagna, rivivere grandi emozioni che in gioventù diedero un senso a quel ragazzetto magrolino e timido che si arrampicava con fatica sui sassi, e contribuirono a formarne il carattere. La montagna è sacrificio, è fatica, è conquista, è obiettivo, è strategia, è capacità di adattamento, è tenacia, è resistenza; è tanto di quello che manca a tanti giovani d'oggi. Invece a me mancano gli amici di allora.

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6 febbraio 2010