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I mondiali di ciclismo a Varese

Il gruppo all'attacco della salita dei Ronchi

 

Finalmente un botta di vita nella spocchiosa e perbenista Varese!
Questo il commento che mi viene fuori a botta calda alla fine di questa settimana Mondiale.

Una bella festa di popolo, gaudente ottimista e colorato, un popolo quello dei ciclisti, fatto di gente semplice, abituata alla fatica ed avvezza a conquistare i traguardi con grinta e sofferenza se necessario.

Gente che bada al risparmio, che non “se la tira”, gente che lo sport lo vive e lo partecipa e non si accontenta di vederlo alla TV.

Perché il ciclista , se dovesse aspettare della TV potrebbe morire, non è uno sport da cassetta come il calcio, l'appassionato quello vero, va a vedersele da solo le gare tirando fuori dal garage la palmerina, che faccia caldo o freddo, che piova o tiri vento a lui poco importa, e se per arrivare bisogna spararsi 80 km sui pedali vabbé, è solo una sortita un po' più lunga della solita pedalata domenicale per sgranchirsi le gambe.

Questo chi vive il ciclismo lo sa, chi non lo sapeva o faceva finta di non saperlo invece erano certi varesini che si aspettavano orde di turisti danarosi e magari un po' bietoloni da spennare come in una vacanza a Porto Cervo.

Che delusione vedere i negozi vuoti e la gente accampata nei camper invece che negli alberghi, i varesini vogliono sempre tutto e subito, pensare che la propria città possa organizzare un evento per dare lustro al territorio e alle numerose società ciclistiche che da sempre lo popolano è una cosa che addirittura genera disgusto.

Ed allora giù critiche a più non posso alle testate giornalistiche, d'altronde se si alza la testa dal proprio miserabile orticello per vedere un orizzonte diverso da quello che si vede ogni giorno, un orizzonte un po' più luminoso invece di quello cupo e noioso di sempre, si affronta un cambiamento, piccolo piccolo, ma pur sempre un cambiamento. . . .e questo per alcuni bigotti varesini è una cosa inaccettabile.

Ma per fortuna Varese non è fatta solo di questi individui, c'è una maggioranza silenziosa che è rimasta giustamente delusa per non aver partecipato alla festa dell'inaugurazione; mi domando perchè lasciare fuori dal Cycling Stadium tanta gente, lo spazio nel prato c'era eccome, mancava probabilmente un responsabile della sicurezza con gli “attributi”che aprisse i cancelli . . . . "meglio che la gente si massacri fuori dove nessuno si prende poi le responsabilità, piuttosto che dentro dove potrebbe stare comoda anche se con poca visuale, ma dove i responsabili ci dovrebbero essere! " Qualcuno deve averla pensata così . . .

O forse era la paura che fischiassero il “Fanfarone col sigaro” che sbeffeggia l'inno nazionale e poi si presenta come il “Padrone del Vapore” della macchina dei Mondiali??

A questo nessuno darà mai risposta, ma la risposta la gente l'ha data eccome! Al Fanfarone gli hanno cantato (anzi abbiamo, visto che c'ero pure io) in faccia l'Inno di Mameli, a quelli della sicurezza “senza attributi” hanno risposto popolando le strade di Varese con civiltà ed educazione e senza tafferugli, ai gufi che vogliono sempre vedere nero si è manifestata una folla degna dei grandi eventi, con gente di ogni età, credo politico e colore della pelle.

Il ricordo che mi rimane è quello di un bell'evento sereno e festaiolo, gioioso quanto basta, promotore di una terra “la mia”, che è di una bellezza e ricchezza spesso guardata con sufficienza e distacco, per altre più blasonate o più “cool” per dirla da spocchioso.

Del resto poco mi interessa, di eventi così facciamone ancora . . .

l'immagine di Bettini è simbolica e bellissima, chissà se nel ciclismo è sempre così . . .